martedì 21 aprile 2009

BACHECA DEL BUON GUSTO – MINNI DI VIRGINI

Tutto nacque dalla fantasia di una piccola suora, Suor Virginia Casale di Rocca Menna, che ebbe la geniale idea di preparare uno dei dolci più soavi della storia della pasticceria di tutti i tempi. La nobildonna Francesca Reggio, divenuta Marchesa di Sambuca per aver sposato Don Giuseppe, in occasione delle nozze dell'unico figlio Pietro, chiese a Suor Virginia (1725), di escogitare la novità assoluta in campo dolciario. Cosi, suor Virginia, ammirando dalle finestre della sua stanzetta le dolci colline che si susseguono dalla Valle dell' Anguillara sino alla collina del Castellaccio e alla costa della Minnulazza, pensò di presentare ai nobili committenti un dolce paesano, ma al contempo prelibato che, grazie al gusto unico, eleva oltre che i sensi, anche lo spirito.

Suor Virginia, secondo quanto riporta lo storico Di Giovanni, descrisse gli ingredienti ed il metodo di ottenimento del dolce: "Farina, uova, latte, lievito. Si compone una pinna di pasta tonda come una luna piena; al centro si accumula un po' di tutto: cose, comunque, che debbo studiare con attenzione: non dovrebbero mancare la zuccata, la crema, l'essenza di garofano e di cannella, qualche pezzo di cioccolato e... quant'altro mi ispirerà il Signore... Vedrà che ci riusciremo a fare un dolce sensitivo."

Anche Giuseppe Tommasi di Lampedusa rimase folgorato dalla prelibatezza di questi dolci e, attraverso l'impareggiabile principe Salina, nel suo famosissimo romanzo "il Gattopardo", farà così commentare questo soave dolce: "parfaits rosei, parfaits sciampagna, parfaifs bigi che si sfaldavano scricchiolando quando la spatola li divideva, sviolinature in maggiore delle amarene candite, timbri aciduli degli ananas gialli, e "trionfi della Gola" col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche "paste delle Vergini." Don Fabrizio si chiedeva "Come mai il Santo Uffizio, quando lo poteva, non pensò a proibire questi dolci? Dolci “impudici”, per via di quelle forme che ricordano i seni delle donne, ma soavi, dunque, che qualcuno fa anche risalire a Sant’Agata in onore del martirio della santa a cui furono asportati i seni, oggi, Patrona di Catania, ma che un tempo, insieme a Santa Ninfa, Santa Cristina e Santa Oliva erano le patrone di Palermo, spodestate, in seguito, dalla più nota Santa Rosalia.

Oggi questi dolci, sono sempre più rari e difficili da reperire perché, come ci ha detto Carlo Glorioso, imprenditore proveniente da un’antica famiglia di pasticceri, (la pasticceria Mazzara di Palermo), “la cultura dei dolci da riposto, come le minni di vergini, è finita. I gusti sono cambiati e l’esterofilia è entrata anche nelle nostre tavole. Noi vogliamo rivalutarli e, difatti, organizziamo delle manifestazioni per ricordare alla gente i gusti dei tempi passati e, contemporaneamente,cerchiamo di avvicinare i giovani alla conoscenza di queste meraviglie dolciarie”.

Ingredienti
Per la pasta: Farina 400 g di farina doppio zero, in passato si usava la farina di grano di Maiorca, zucchero150 gr. di zucchero, 150 gr. di strutto, latte, uovo, vaniglia.
Per il ripieno: crema di latte, zuccata, scaglie di cioccolato fondente; essenza di fiori di garofano e cannella.
Per la glassa: zucchero a velo, succo di limone, acqua.
Decorazione: "diavolina".
Preparazione della pasta:

Setacciate la farina ed amalgamatela con lo strutto, quindi, disponetela a conca e aggiungete lo zucchero, l'uovo, la vaniglia ed il latte necessario.
Create un impasto omogeneo e consistente e avvolgetelo in una pellicola lasciandolo riposare per circa due ore.

Successivamente, stendete la pasta a sfoglie di circa 5 mm di spessore e ricavate dei dischetti di circa 10 cm di diametro; ponete la pasta negli stampini a coppetta e riempite la cavità con la crema di latte, mentre nella parte superiore porrete la zuccata mista alle scaglie di cioccolato. Sovrapponete i dischetti, precedentemente preparati, e sigillate bene i bordi, quindi, poneteli in una teglia da forno.

Spennellate la superficie con albume, leggermente battuto, e infornate a 200° C. per circa 20 minuti.

Sciogliete lo zucchero a velo con succo di limone e un po' d' acqua; con una frusta miscelate il composto fino ad ottenere una crema liscia e abbastanza densa. Spennellate le paste, già fredde, con la glassa e decorate con una pioggia di diavolina. Prima di servire fateli asciugare.

Consiglio di Giancarlo Lo Sicco, esperto giornalista enogastronomico: Alle “minni di vergini” è consigliato abbinare il Catarratto a vendemmia tardivo. Le uve sono state raccolte in uno stato avanzato di maturazione, un sorso già pulisce il palato, ha una sua asciuttezza piacevole che bene si abbina al dessert.

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