mercoledì 5 novembre 2008

BACHECA EVENTI - CULTURA - GRANDE VITTORIA DI BARAK OBAMA -

C'e' qualcosa di nuovo oggi nell'aria: non solo negli umori della diplomazia internazionale, ma anche nell'umore della gente comune, a Roma e a Pechino, a Londra e a Mosca, a Parigi e a Berlino, in Africa e in Giappone, ovunque, non solo a Washington e a Chicago, la citta' del vento e dei grattacieli, che e' ora la vice capitale degli Stati Uniti.
Il Mondo s'e' svegliato con l'allegria della fiducia, perche' la vittoria di Barack Obama nelle presidenziali americane, l'approdo di un nero alla Casa Bianca, la realizzazione di un sogno americano ha acceso la speranza di tutto il Pianeta; c'e' la sensazione di vivere l'alba d'un giorno diverso. C'e', nei confronti di Obama, un pregiudizio favorevole inversamente proporzionale alle diffuse riserve nei confronti di George W. Bush, il presidente degli attacchi terroristici dell'11 Settembre 2001, che avevano suscitato commossa simpatia verso gli Stati Uniti, ma anche l'uomo delle scelte unilaterali in politica estera, ispirate dall'ideologia neo-con, specie nel primo mandato segnato dall'avvio della guerra in Afghanistan e dall'invasione dell'Iraq.
L'elezioni di Obama suscita due ordini di speranze e attese: quelle di un Mondo piu' solidale dove la Super-Potenza consulti gli alleati e i partner, tenga conto dei loro pareri, rispetti sempre la legalita' internazionale; e quelle, individuali, della possibilita' di realizzare le proprie aspirazioni, anche quella che 'in un Paese libero oggi io non sono nessuno e domani sono il presidente della Repubblica', come cantavano nel 1968 I Giganti, il gruppo di 'Tema'.
Obama s'insediera' alla Casa Bianca il 20 gennaio forte di un capitale di credito e di credibilita' molto alto; e l'accompagna la consapevolezza che non potra' certo risolvere da solo d'un colpo le crisi che ingombrano la sua agenda, da quella dell'economia -la piu' grave e la piu' urgente, per i cittadini statunitensi- a quelle dei fronti di guerra al terrorismo; dal conflitto israelo-palestinese a quelli dell'Africa -il Darfur e il Congo-; allo sfide epocali del dialogo fra civilta' e della lotta contro la poverta' e per l'eradicazione dei flagelli che sono i cancri del XXI Secolo. Nessun governo di nessun continente puo' attendersi miracoli dall'Amministrazione Obama, ma tutti s'aspettano cooperazione e concretezza. E nessuna capitale sbatte la porta al dialogo con il presidente eletto. Nelson Mandela, l'icona della lotta contro l'apartheid, parla di un mondo migliore. Obama ha gia' dimostrato di sapere tradurre i sogni in realta'.
''Dio lo assista'' e' l'augurio con cui la Santa Sede l'accompagna sulla soglia di una ''immensa ed altissima'' responsabilita': ''un'occasione storica''. L'Unione europea, che di fronte a Bush si divise, parla di ''svolta'' e spera in un nuovo 'new deal', globale questa volta e non solo americano: Obama, cioe', non come un John F. Kennedy, il paragone piu' immediato, ma come un Franklyn D. Roosevelt dei mercati, ma pure del clima, dell'ambiente e dell'energia. Il segretario generale delle Nazioni Unite, il sudcoreano Ban Ki-moon, individua ''un'opportunita' storica'' per un'era di rinnovato multilateralismo.
Israeliani e palestinesi palesano cauto ottimismo, il mondo arabo saluta l'uomo che non ama la guerra. I sorrisi piu' tirati sono quelli russi: il presidente Dmitri Medvedev auspica ''un nuovo respiro'' nei rapporti, non piu' idilliaci, tra il Cremlino e la Casa Bianca, ma non attenua l'opposizione al progetto americano di scudo anti-missile e mantiene una linea di difesa 'sovietica'. Dopo il tempo delle attese, che e' questo, persino messianico, in certe esagerazioni, e quello degli esordi della sua gestione, tra inverno e primavera, per Obama il presidente verra' il tempo della verifica del reale clima delle relazioni internazionali: una delle prime multilaterali sara' in Italia, al G8 di luglio, con i leader dei Grandi del Mondo.

(di Giampiero Gramaglia - Libero News)

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